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Il nesso di causalità cronologico ed il linciaggio di un Giudice.

Roma, 7 aprile 2017

Intorno alla vicenda dell’omicidio di Alatri, già segnata dalle minacce agli avvocati difensori – o potenziali difensori – degli indagati, è nata una vicenda parallela che lascia, se possibile, ancora più sgomenti.
E’ cronaca di questi giorni, a tutti nota: si scopre che la mattina dello stesso giorno, uno dei due presunti autori dell’efferato omicidio era stato oggetto di udienza di convalida dell’arresto, perché trovato in possesso di un certo numero di dosi di sostanza stupefacente, in concorso con altri occupanti dello stesso appartamento.
La notizia è ghiotta, perché – si apprende – il Giudice non ha applicato alcuna misura cautelare, lasciando dunque libero l’indagato; il quale, la sera, partecipa alla feroce aggressione omicida davanti alla discoteca di Alatri.
Tanto basta ai media nostrani per scatenarsi contro il Giudice “buonista”. Se non lo avesse lasciato libero – questo è l’incredibile sillogismo – il povero ragazzo di Alatri sarebbe ancora vivo.
Non si parla d’altro e non c’è modo che si accenda il lume della ragione, che avrebbe da subito imposto, senza ancora sapere altro di quella udienza di convalida, di prendere innanzitutto atto che l’oggetto della decisione del Giudice era stata una condotta – detenzione di gruppo di sostanza stupefacente – totalmente eterogenea rispetto ad una condotta violenta contro la persona.
In altri termini, al Giudice della convalida non poteva essere in alcun modo addebitata – a tutto concedere – una superficiale sottovalutazione della pericolosità specifica del soggetto. Si stava scatenando una caccia al Giudice imbelle sulla base del più rozzo, trogloditico degli argomenti logici: quello del nesso di causalità cronologico. Se tizio non fosse uscito di casa, non sarebbe stato investito dalla macchina.
Né più, né meno.
Ebbene, ciononostante, accade l’incredibile: il Ministero di Giustizia apre una ispezione. Ed oggi apprendiamo, increduli, che prende sempre più corpo la ipotesi di un trasferimento di quel Giudice. Ora, è bene non dimenticare che, nel frattempo, abbiamo appreso: 1) che il PM, in quella udienza di convalida, aveva chiesto solo l’obbligo di firma; 2) che gli occupanti dell’appartamento dove era stata rinvenuta la sostanza stupefacente avevano tutti dichiarato – l’informazione proviene dal nuovo Presidente dell’ANM dott. Eugenio Albamonte – che la stessa apparteneva a loro e che quell’amico di Alatri era solo occasionalmente in quell’appartamento.
Morale: i linciaggi, come è noto, prescindono dalla verità dei fatti, e si autoalimentano; se poi si può dare in ogni modo il segnale del “tutti in galera” come panacea di tutti i mali della società, il linciaggio è ancora più facile. Ma che il Ministero di Giustizia si accodi al linciaggio, ancora non l’avevamo visto. C’è sempre tempo per il peggio.

(Gian Domenico Caiazza)

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