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Le parole sono pietre. Anche quando non narrano la verità

La tragica morte della giovane Collega Martina Scialdone avvenuta lo scorso 13 gennaio accende nuovamente i riflettori sul modo di fare informazione giudiziaria nel nostro Paese. La Camera Penale di Roma e la sua commissione “Informazione giudiziaria e della divulgazione dei diritti” denunciano la grave campagna denigratoria abbattutasi sul ristorante davanti al quale ha trovato la morte la Collega, causata da informazioni parziali e inesatte riportate da alcune testate giornalistiche.

A poche ore dal fatto – ben prima dell’udienza di convalida dell’arresto – sono state diffuse informazioni secondo cui i proprietari del ristorante, negli attimi antecedenti al tragico epilogo, avrebbero cacciato la ragazza dal bagno in cui si era rinchiusa per fuggire al proprio aggressore, ignorando il pericolo e restando del tutto indifferenti alle sue richieste di aiuto e avrebbero pure omesso di allertare le Forze dell’Ordine, ignorando persino un’esplicita richiesta d’aiuto della vittima. La diffusione di queste informazioni ha inevitabilmente suscitato un moto di sdegno nel1’opinione pubblica, che si è spinta sino a ricoprire di pesanti attacchi ed insulti tutto il personale del ristorante, accusato addirittura di essere complice del1’omicidio, inneggiando al boicottaggio dell’attività commerciale, con tanto di nome e indirizzo dell’esercizio commerciale.

All’esito dell’udienza di convalida dell’arresto del 17.01.2023, invece, il Gip del Tribunale di Roma ha smentito le congetture giorna1istiche, confermando che la Collega Scialdone non è stata allontanata dal ristorante e che il proprietario ha invece prontamente allertato le Forze de1l’Ordine; ma il danno era fatto e l’errata informazione aveva già scatenato tempeste di odio che hanno trovato sui social/ media una cassa di risonanza, compromettendo in maniera del tutto ingiustificata e intollerabile la vita di chi, suo malgrado, è stato oggetto di quelle attenzioni.

Il diritto di cronaca è sacrosanto e la Camera Penale di Roma ne riconosce da sempre il cruciale rilievo nel quadro degli equilibri democratici e costituzionali; ma esso non implica il diritto di diffondere informazioni errate senza alcuna verifica, specie in frangenti di tale delicatezza.

Spetta alle Autorità competenti muovere accuse ed accertare le eventuali responsabilità: ciò richiede tempo e rigore investigativo e non può ridursi a giudizi sommari sugli organi d’informazione.

Dovrebbe essere questo il fondamento etico di ogni informazione, ma l’esperienza quotidiana dimostra quanto si sia lontani dall’obiettivo. Noi non ci acquieteremo, né smetteremo di denunciarlo.

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