La giustizia si compie anche assolvendo

Roma, 25 febbraio 2023.

In una vicenda drammatica come quella di Rigopiano si può facilmente comprendere lo sgomento, la delusione e il profondo senso di rabbia e di ingiustizia che può insorgere in chi, vivendo sulla propria pelle il dolore di una tragica perdita, non riesca ad assumere un giudizio oggettivo e distaccato rispetto alla valutazione delle condotte di chi gli è stato presentato, ormai già da anni, come colpevole da un processo mediatico martellante e da una pubblica accusa convinta della propria ipotesi accusatoria. La vicinanza ai parenti delle vittime non può che essere piena e totale

Sentiamo il dovere di assicurare, tuttavia, con la stessa decisa fermezza, il senso di vicinanza a quel magistrato della Sezione GUP del Tribunale di Pescara che, applicando la regola di giudizio che la legge gli impone ed evidentemente in piena coscienza (e forse anche con coraggio), ha pronunciato sentenza assolutoria nei confronti di 25 dei 30 imputati.

Non possiamo che plaudire ad un giudice che, pur consapevole di essere conseguentemente investito da commenti e giudizi dei media che non hanno mancato di strumentalizzare il dolore delle persone sacrificandolo sull’altare di un dio minore chiamato spettacolo.

Cavalcando il malcontento dell’opinione pubblica per la decisione giudiziaria, si susseguono opinioni al vetriolo, indubbiamente utili a garantire il proliferare delle tirature dei giornali e l’impennarsi dei risultati dell’audience televisiva, nell’avvicendarsi di cc.dd. opinionisti che ignorano, troppo spesso purtroppo, persino le più basilari regole del processo e della cultura della giurisdizione. Tutto ciò incredibilmente accompagnato da una pubblica (e del tutto fuori luogo) esternazione di sdegno manifestata, scompostamente, addirittura da un ministro della Repubblica.

Per giudicare una vicenda giudiziaria è fondamentale conoscerla nella sua interezza, senza mai limitarsi a condannare un Magistrato solo perché la decisione assunta non ha consentito di dichiarare la colpevolezza di coloro che erano già stati condannati in via definitiva dal baraccone mediatico, il quale già da tempo ha emesso, “in nome del popolo italiano”, la sua sentenza definitiva; ciò vale anche quando la responsabilità delle condotte riconduca ad un disastro nel quale hanno perso la vita decine di vittime del tutto incolpevoli. E non è ammissibile che un’informazione, che troppo spesso si sottrae alle logiche della correttezza basandosi su opinioni e non su fatti documentati (i quali dovrebbero essere, invero, il faro di ogni Giornalista), alimenti il fuoco dei roghi con i quali vengono bruciati, sulla pubblica piazza, i più basilari principi della civiltà occidentale, primo fra tutti quello della presunzione di innocenza. E sulla stessa piazza è stato messo alla gogna anche il Magistrato, reso bersaglio di epiteti ingiuriosi e addirittura minacciato da coloro che erano presenti alla lettura della sentenza.

Saranno le motivazioni del provvedimento a far comprendere quanto correttamente abbia operato, se del caso sottoponendole al vaglio dei giudici dei gradi superiori, che stabiliranno se sia stato fatto cattivo o buon governo dei precisi strumenti che il codice gli ha messo a disposizione.

L’impegno della Commissione è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche della legalità, intesa ad ampio raggio. Una legalità che non solo costituisce il presupposto per il rispetto delle regole poste a presidio di tutti i cittadini, ma che si esplica nel dovere del Giudice di applicare la legge in posizione di terzietà e, quindi, in modo imparziale. Ma la legalità è questo e molto altro ancora. È anche il modo di fare informazione.

Deve poter essere ricordato, in quest’ottica, che la condanna di un innocente non farebbe altro che alimentare il novero delle vittime e che questo, in un Paese civile, non può mai essere consentito.

Giustizia viene fatta anche quando si assolve perché non vi sono elementi per condannare.

In adesione a quanto già espresso dalla Camera Penale di Pescara, anche la Commissione informazione giudiziaria della Camera Penale di Roma non può, quindi, che esprimere la sua più viva disapprovazione rispetto a tale modo di svolgere la funzione, costituzionalmente centrale, di assicurare ai cittadini l’esercizio del loro diritto d’informazione.

 

Il Direttivo della Camera Penale di Roma

(con la collaborazione della Commissione Informazione giudiziaria e della divulgazione

della cultura dei diritti della Camera Penale di Roma)

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