Scienze Forensi, protocolli scientifici e nuove figure professionali

Riportiamo di seguito l’intervento del Vicepresidente della CPR Vincenzo Comi in occasione del Convegno svoltosi presso il Tribunale di Roma – Aula Occorsio “Scienze Forensi, protocolli scientifici e nuove figure professionali” il 25 maggio 2018 ore 9,30

La Camera Penale è l’associazione che rappresenta i penalisti romani, non è un sindacato perché non rivendica questioni corporative e tra gli obiettivi ha quello di assicurare l’applicazione delle regole del giusto processo e di garantire i diritti di tutti i soggetti che vi partecipano. Una delle storiche battaglie vinte dei penalisti è stata infatti quella di ottenere il giusto processo introdotto nell’articolo 111 della Costituzione.

L’entrata in vigore del nuovo processo penale nel 1989 ha comportato una mutazione genetica del ruolo degli avvocati. Il vecchio codice si caratterizzava per la funzione statica del difensore che interveniva una volta concluso il dibattimento con l’arringa che era l’unico strumento per confutare l’ipotesi accusatoria. Il processo accusatorio ha introdotto la difesa effettiva sin dalle indagini preliminari. L’avvocato partecipa attivamente alla ricostruzione del fatto, in particolare andando alla ricerca di una ipotesi alternava a quella formulata dal pubblico ministero. La presenza attiva nelle indagini preliminari ha comportato lo sviluppo di competenze diverse per l’avvocato, competenze che vanno oltre il mero ragionamento giuridico e che devono attingere ad altre scienze anche sociali per essere in grado consentire all’avvocato di effettuare le scelte più opportune nell’interesse del proprio assistito.

In questa attività ha assunto un ruolo determinante la legge n. 397 del 2000 sulle investigazioni difensive che ha ampliato il raggio di operatività della difesa proprio per assicurare parità delle parti.

È inconcepibile un giudice terzo se accanto a questo non vi siano delle parti nella piena e libera disponibilità delle proprie attribuzioni. Il rischio concreto – e oggi veramente attuale – di fallimento del nuovo processo penale si configura nella mancanza di una effettiva cultura che attribuisca a tutte le parti il potere di elaborazione della prova. Nella carenza di iniziative di parte, si annida il pericolo di una nuova supplenza del giudice e di un ritorno alla cultura inquisitoria.

Analogamente il dibattimento secondo il modello accusatorio – sede naturale per l’accertamento del fatto – ha modificato e ampliato l’attività del difensore che oggi è chiamato a costruire la prova a discarico oltre che a confutare quella a carico. Il diritto alla prova è un principio essenziale che tiene insieme il modello accusatorio nel quale il ruolo del giudice terzo (indifferente ai fatti oggetto dell’imputazione) rappresenta l’essenza del giusto processo.

Il modello accusatorio di giusto processo passa attraverso la prospettazione al giudice di diverse ipotesi di ricostruzione della fattispecie concreta e la decisione si fonderà sulla adesione del giudice alla ipotesi più verosimile. La verità sarà quindi il frutto di un metodo dialettico di confronto tra le parti dotate di parità di armi.

Oggi siamo di fronte al proliferare di processi caratterizzati da un elevato tecnicismo. Da una parte l’aumento di tali fattispecie di reato specifiche ha indirizzato l’accertamento dei fatti su binari tecnici, dall’altra lo sviluppo delle scienze che inevitabilmente si sono fatte strada nella ricostruzione dei fatti umani ha sviluppato la prova scientifica, da alcuni valutata come maggiormente attendibile per la ricostruzione del fatto.

Per il giudice è essenziale la ricostruzione del fatto singolo attraverso l’uso del corretto metodo scientifico e dell’esperienza. E mentre per quanto riguarda l’esperienza il riferimento è alle generalizzazioni o dette anche massime di comune esperienza, per quanto riguarda la scienza occorre recepire il metodo maggiormente accreditato dalla comunità scientifica. Occorre in sostanza realizzare quella sintesi tra scienza e diritto che consenta al giudice di essere: il giudice del sapere scientifico.

In questa prospettiva per l’avvocato e per tutti gli altri soggetti del processo diventa importante allargare le proprie conoscenze specialistiche, coinvolgendo nuove figure professionali nate al fine di contribuire alla migliore comprensione e interpretazione dei fatti. La conoscenza della condotta umana e dell’animo umano dei soggetti del processo non può essere affrontata solo con gli elementi del diritto. Tale deriva rischia di esaltare il formalismo giuridico con conseguenze aberranti nelle decisioni e concreta prospettiva di incrementare gli errori giudiziari.

E’ necessario soffermarsi per sottolineare la rilevanza che oggi ha assunto la psicologia forense.

Nel processo per l’interpretazione della norma si fa ricorso alla logica del probabile e il giudice sceglie l’interpretazione più coerente, per la ricostruzione del fatto invece rileva l’interpretazione delle prove e, soprattutto in caso di prova orale, il contributo delle scienze psicologiche è rilevante. Il sapere condiviso dell’avvocato e dello psicologo riduce gli errori giudiziari anche se è necessario essere prudenti e attenti ad evitare il rischio di aprire le porte ad una psicologia giuridica da scuola serale e non ancorata a parametri valutativi scientifici. La storia dell’incontro tra avvocati e psicologi nasce nei paesi anglosassoni e ne è testimonianza il famoso volume di Sir Francis Welmann dal titolo l’arte della cross examination nel quale si leggono stralci di interrogatori di famosi avvocati americani che fanno riferimento alla psicologia giuridica al fine di costruire un quadro completo valutativo sull’attendibilità del testimone.

Per me è stata una importante esperienza la partecipazione alla redazione delle prime Linee guida psicoforensi risalenti al 2013 sotto la direzione appassionata del prof. Guglielmo Gulotta. Ho avuto l’occasione di confrontarmi non solo con magistrati e docenti universitari, ma anche con psicologi e psichiatri ed ho potuto maturale la convinzione dell’importanza di costruire una cultura comune. Le linee guida psicoforensi per un processo sempre più giusto sono composte da 21 suggerimenti dedicati a tutti gli operatori del processo e suddivisi per aree tematiche che vanno dai principi relativi ai processi decisionali del giudice fino alle prove scientifiche e dichiarative. La riflessione di fondo del documento è la seguente: il ruolo e la valorizzazione delle acquisizioni scientifiche nel libero convincimento del giudice che trova “una precisa risorsa nonché un limite invalicabile nelle acquisizioni scientifiche” (punto 1).

La colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio, infatti, deve essere provata attraverso l’utilizzo dei migliori strumenti di conoscenza disponibili, cercando di applicare ove possibile, il metodo scientifico alla scienza dei fatti umani.

Un ruolo di elezione ricoprono le scienze forensi definite come scienze applicate all’amministrazione della giustizia. Per molto tempo queste scienze sono rimaste riservate ai laboratori degli investigatori scientifici, tuttavia nel corso del tempo hanno assunto un ruolo importante non solo per l’accusa ma anche per la difesa. Oggi non ne possiamo fare a meno.

E si sono sviluppate nel panorama del processo nuove figure professionali che forniscono competenze interdisciplinari necessarie per raggiungere il risultato della verità processuale che è l’obiettivo del processo.

La figura del consulente tecnico della difesa è introdotta dall’articolo 327 cpp che prevede che il difensore possa ricorrere a tali ausiliari ogni volta siano necessarie specifiche competenze. L’articolo 233 comma 1 bis cpp prevede infatti che il giudice a richiesta del difensore può autorizzare il consulente tecnico di una parte privata ad esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano, ad intervenire alle ispezioni, ovvero ad esaminare l’oggetto delle ispezioni alle quali il consulente non è intervenuto. Prima dell’esercizio dell’azione penale l’autorizzazione è disposta dal pubblico ministero a richiesta del difensore.

Dunque rispetto al passato la scena del crimine è più affollata con la presenza di numerose figure professionali, non è più di proprietà esclusiva della polizia giudiziaria o del pm. Oggi anche gli investigatori privati e i consulenti tecnici della difesa possono accedere all’area dove si è consumato il delitto e anche loro – con specifiche limitazioni – possono ispezionarla, senza però in alcun modo modificarla.

Si deve sottolineare che, avendo la direzione dell’attività investigativa al pari del pm, il difensore non potrà prescindere da una formazione e da un costante aggiornamento professionale, finalizzato alla maturazione di quelle conoscenze tecniche e specialistiche necessarie all’acquisizione di una mentalità sempre più interdisciplinare e culturalmente aperta, tale da consentire al medesimo di fare ricorso all’ausilio di esperti realmente in possesso di specifiche competenze.

Su questo terreno assume particolare importanza la competenza specialistica dei consulenti, che devono utilizzare metodi accreditati dalla comunità scientifica, evitando che in ragione della autoreferenzialità sovente riscontrata nei processi, venga ridimensionata la valenza delle indagini difensive di tipo tecnico scientifico.

Il difensore non può più essere considerato solo un esperto di diritto, ma deve necessariamente estendere le sue conoscenze e i suoi interessi a discipline come la criminologia di interesse forense, la medicina legale, la psicopatologia forense e la psichiatria forense, nonché la criminalistica, la balistica, la tossicologia e le scienze forensi in genere.

L’obiettivo finale di tutti è quello di ridurre gli errori giudiziari, un fenomeno più frequente di quanto si immagini, consacrato nell’ordinamento dall’istituto della revisione delle sentenze di condanna che riconosce il diritto all’indennizzo della vittima a titolo di riparazione per la sentenza ingiusta.

E’ un dato acquisito che gli errori non siano solo casuali ma si annidano anche nel modo errato di ragionare e decidere in condizioni di incertezza nonché nell’uso improprio delle scienze forensi.

Oggi abbiamo sempre più esigenza di un processo giusto che riduca i rischi di errore e utilizzi le migliori scienze per ricostruire il fatto.

Solo attraverso questo percorso si potrà migliorare il sistema della giustizia penale e accrescere l’etica pubblica e non certo attraverso slogan populisti o “aberranti contratti” che proiettano irrimediabilmente il nostro ordinamento nel medioevo del diritto. Grazie.

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